ISCHIA, RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI
Lacco Ameno d’ Ischia fu conosciuta fin dal settecento come “zona archeologica” per merito del sacerdote e “dottore fisico” Francesco De Siano, il quale nel descrivere la topografia del suo paese nell’ opera letteraria già citata, osservava che sul promontorio di Monte Vico vi era una grande quantità di rottami di tegole e di vasi antichi, e nella valle di San Montano i resti di tombe. Naturalmente in quel secolo non si avanzarono ipotesi di nessun genere sul significato di quei cocci e si dovette aspettare la fine dell’ Ottocento per l’ avvio di un primo studio sui reperti affiorati a Lacco Ameno d’ Ischia ad opera del prof. Karl Julius Beloch, autore del volume “Campaniem…”.Lo studioso identificava nell’ isola d’ Ischia l’ antichissima colonia greca di “Pithaekoussai” e in Lacco Ameno d’ Ischia il primo insediamento euboico che faceva però erroneamente risalire al V secolo a.C.. Dopo questi primi, approssimativi studi, la Sopraintendenza agli Scavi e Musei della Campania avviava, nel 1913, per interessamento del sopraintendente Vittorio Spinazzola, alcune indagini che, purtroppo, si interruppero inspiegabilmente.Soltanto nel 1952 iniziavano i primi scavi nell’ area di San Montano, ad opera di un giovane archeologo tedesco, Giorgio Buchner, figlio del già famoso zoologo e naturalista, prof. Paolo, stabilitosi con la famiglia nell’ isola d’ Ischia fin dal 1943.Dagli scavi effettuati nella vallata di San Montano, vennero alla luce reperti preziosissimi appartenenti ad una necropoli greco-arcaica compresa fra la metà dell’ VIII secolo e gli inizi del VI secolo a.C.. Un corredo di enorme importava che lasciava presupporre un abitato più antico, databile almeno all’ anno 775 sulla scorta degli oggetti in ceramica greca tardo-geometrica ( cosiddetti dalla prima fase ) colà rinvenuti.Una necropoli enorme di circa 1500 tombe con un repertorio vasto e multiforme che ha restituito tombe a inumazione e cremazione. I livelli superiori contenevano tombe relativamente modeste, databili tra il V secolo e l’ età romana; vi erano, poi, tombe del VII secolo a.C. e, nello strato più basso, quelle del VIII secolo a cremazione, sotto tumuli costruiti con blocchi di trachite provenienti dall’ altura di Zaro. Sotto queste, poi, si rinvennero inumazioni, sempre del VIII secolo, in tombe a fossa o in anfore dei tipi usati per il trasporto o la conservazione nelle cantine di vino, olio, o merce deperibile.Al cospetto di questi autentici “tesori archeologici”, il prof. Buchner ebbe immediatamente il sentore che ci si trovasse davanti ad una scoperta sensazionale che poteva aprire la strada a successivi ritrovamenti in altre località di Lacco Ameno d’ Ischia. Autorizzato dalla sopraintendenza, il prof. Buchner proseguiva in una più vasta ricognizione del territorio lacchese allo scopo di dare una risposta definitiva ai molti quesiti scaturiti dagli scavi di san Montano. La sua attenzione questa volta si indirizzò sull’ altura di Monte Vico. Dopo una serie di scavi in questo sito, lo studioso ebbe la conferma su quanto aveva argomentato: San Montano non era altro che il luogo di sepoltura dell’ antichissima Pithaekussai ( Necropoli ), mentre sulle pendici del monte Vico vi era stanziata l’ Acropoli, con le sue ville, i fortini e i luoghi consacrati ( edifici templari ).Sull’ altura lo studioso rinvenne un enorme scarico di materiali ceramici ( proprietà Godetti ), fra cui alcuni reperti molto antichi della Pitecusa euboica, certamente risalenti ad un periodo anteriore al 750.Si tratta di frammenti di Skyphoi ( ciotola a due anse ), dipinti con motivo cosiddetto a “chevron”, adottato sui tipi greci. Il materiale recuperato consiste in circa diecimila frammenti appartenenti a coppe, anfore, pathos, ecc. fra i reperti portati alla luce, meritano particolare attenzione alcuni oggetti che si sono rivelati utilissimi per stabilire datazioni e per comprendere il ruolo di Pitecusa nel contesto sociale, politico e commerciale della sua protostoria.Analogo discorso va fatto per i ritrovamenti cosiddetti “paleocristiani” avvenuti per merito del sacerdote don Pietro Monti. Anche questi reperti hanno una importanza capitale per la storia dell’ isola d’ Ischia, in quanto, oltre ad attestare la presenza di comunità dell’ antica Roma nell’ isola di Aenaria, arricchiscono le nostre conoscenze sull’ organizzazione politica, militare,economica e religiosa di quelle popolazioni.I primi ritrovamenti datano l’ anno 1951 ed avvennero, si può dire, per caso, in occasione di alcuni lavori di restauro della Cappella di Santa Restituta. Sotto il pavimento maiolico del settecento fu rinvenuto un altro pavimento risalente al cinquecento. La scoperta incuriosì Don Pietro Monti e lo spinse a proseguire lo scavo negli strati inferiori. Qui, fra la piacevole sorpresa dei presenti, vennero alla luce altri 2 pavimenti sovrapposti: il primo, in battuto di lapillo, di epoca medioevale; l’ altro, addirittura risalente al periodo romano.La straordinaria scoperta dava inizio all’ avvio di un programma di scavi sistematici affidati all’ arch. Tedesco Gunther e al geometra ischitano Mario Caccioppoli. I lavori si protrassero fino al 1974 mettendo in luce testimonianze preziosissime quali la presenza in loco di un cimitero con tombe risalenti al IV secolo d.C.; i resti di un tempio romano, di una palestra, di una piccola basilica paleocristiana, di un laboratorio ellenistico per la lavorazione della terracotta ( III secolo a.C.), di una fornace, anch’ essa ellenistica del IV-II secolo a.C., di una cisterna medievale e di diversi arredi funebri.Come si può notare, nella località indicata con la denominazione “in loco qui dicitur Eraclius”, esisteva fin dal I secolo a.C. un villaggio romano.I reperti esposti nel museo di Santa Restituta, attestano dunque la presenza a Lacco Ameno d’ Ischia di una comunità di Romani dell’ età repubblicana, come ad esempio il cippo onorifico dedicato a Seia Spes, vincitrice dei giochi italici a Napoli.